Vinificazione Nero d'Avola di c.da Villa Arangia (Furnari) - giovedì 15 settembre 2016
L’arrivo
del camion pieno zeppo di cassette colme d’uva Nero d’Avola, appena vendemmiata nei vigneti coltivati in
prossimità di Villa Arangia (Furnari), da dove sino a poche ore prima erano
giunte puntuali le comunicazioni dei saggi eseguiti col mostimetro Babo. L’assaggio
di qualche acino, aspro e dolcissimo al tempo stesso. Pietro Caravello ed il
figlio Andrea, soddisfatti per l’ottima qualità delle uve, danno finalmente
inizio all’affascinante rito della vinificazione, ospitato in contrada Ciantro,
in uno dei più antichi palmenti di Milazzo: un fabbricato, un tempo di
proprietà dei conti Cumbo, dove i tradizionali palmenti in muratura sono
impreziositi da un nutrito corredo di botti grandi e piccole, alcune delle
quali fabbricate da Antonio Lo Presti, noto bottaio in attività a Barcellona
Pozzo di Gotto nel secolo scorso.
Un
luogo magico ed incontaminato, una vera e propria esposizione di reperti della
vinificazione che non a caso il Museo Etnoantropologico e Naturalistico (Ican) “Domenico
Ryolo” ha scelto come una sorta di propria sede periferica verso cui
indirizzare turisti, amanti delle tradizioni e chiunque desideri riscoprire i sapori
genuini d’una volta.
Il
lavoro è duro e faticoso, visto che bisogna scaricare un intero camioncino interamente
ricoperto da decine e decine di cassette colme di neri grappoli. La
pigiadiraspatrice, sistemata lungo il cassone posteriore del camion, accoglie e
stritola il contenuto di ciascuna cassetta, scartando i raspi e facendo
affluire il mosto, attraverso una manichetta, entro l’antico palmento in
muratura. Il profumo e gli schizzi del mosto avvolgono come in un incanto il
magazzino dei palmenti, dove fanno bella mostra i tradizionali barili e sacchi
da tramuta, lo spassèddu impiegato
dal bottaio per assestare i cerchi delle botti ed «ù tiratùri», utilizzato per
favorire l’estrazione della feccia dalle stesse botti durante i travasi.
È
grazie al nonno paterno scomparso da poco che Andrea Caravello può oggi
mostrare con orgoglio questo gioiello della Piana di Milazzo: fu uno degli
ultimi coloni del conte Cumbo, dai cui eredi acquistò palmenti e tine, una
delle quali destinata ad ospitare il mosto appena prodotto dopo 24-36 ore di
fermentazione con le vinacce: sarà allora che Pietro Caravello aprirà il
condotto in pietra da taglio che collega la vecchia vasca di pigiatura alla
tina sottostante, eseguendo così la svinatura.
L’appuntamento
per l’assaggio della nuova produzione è fissato per il prossimo San Martino.
Solo allora si potrà gustare un buon bicchiere di vino rosso prodotto con le
uve vendemmiate a Villa Arangia, ma vinificate a Milazzo. Da parte dello
scrivente il plauso e l’ammirazione per questi due tenaci milazzesi che anno
dopo anno fanno rivivere gusti e sapori d’altri tempi.
La pigiadiraspatrice
Don Pietro Caravello col figlio Andrea
Il mosto affluisce nell'antico palmento in muratura
Don Pietro Caravello
... e gli amici La Rosa venuti dal Piemonte
per assaporare le tradizioni ed i sapori d'una volta
Il mosto nel palmento durante una pausa alla pigiadiraspatrice
La svinatura e la torchiatura del Nero d'Avola
(sabato 17 settembre 2016)
«Puncèmu!»
(la svinatura)
Il mosto di Nero d'Avola affluisce spumante
Quel che resta nel palmento (le vinacce) alla fine del travaso del mosto nella tina:
La torchiatura di quanto rimasto nel palmento
Il torchiato affluisce nella tina
L'antico palmento in qualche fotografia
scattata tra sabato 10, giovedì 15 e sabato 17 settembre 2016
'u buccalòru
Corredo antico...
... e moderno
'u spassèddu
Interno botte n. 2
Pietro Caravello davanti ad una botte costruita
dall'«Industria Botti Antonio Lo Presti, via Statale - Barcellona Pozzo di Gotto»
La mostarda preparata da Andrea Caravello